Tra le varie montagne che circondano, la Corna Marcia, il pizzo Cerro, il Castello della Regina, il Monte Corno è senza dubbio la montagna più bella e la più amata.
E’ il nostro simbolo, un favoloso sperone di roccia che noi brembillesi non dobbiamo dividere con nessuno, perché si innalza tutto sul nostro territorio. Su questa montagna, l’occhio può spaziare e osservare le chiese, le contrade e le meraviglie della nostra Valle.
Ai piedi della sua croce si può godere del silenzio e quando il nostro sguardo si alza verso l’alto, ne profondo dell’anima, si ha la sensazione di dialogare con il cielo.
Quest’anno ricorrono proprio i cinquant’anni della posa della croce di ferro, cinquant’anni di passione per la montagna e di fede, cinquant’anni di personaggi, volti, storie e amicizie, cinquant’anni da ricordare ricordando tutte le persone che negli anni hanno calpestato gli impervi sentieri che portano in vetta.
Ripercorriamo questi decenni incominciando a conoscere i pionieri che più di mezzo secolo fa posarono la prima croce di legno
Don angelo Benzi, curato di Cavaglia del dopoguerra, nelle sue prediche festive sosteneva che sul Monte Corno mancava una croce, simbolo e guida spirituale per tutta la comunità della Valle.
Il Monte Corno fino ad allora aveva avuto come primi veri scalatori solo i contadini che in tempi di miseria e povertà salivano nei dintorni per raccogliere il fieno dei pascoli, “ol fe de mut”, o per convertire la legna in carbone.
Nel 1950, il giorno dopo di pasqua, dopo la celebrazione della prima messa, mentre il curato si era assentato per celebrare la messa a Laxolo, un bel gruppo di giovani, che si era accordato nei giorni precedenti, decise di fargli una sorpresa.
Nel gruppo oltre a giovanni Milesi “Ross”, promotore dell’iniziativa, facevano parte altri cavagliesi, Giovanni Valceschini “Barbì”, Serafino Locatelli “Gaiass” , Milesi Battista “Ross”, Pietro Milesi “Carimbel”, Giovanni Valceschini “Bacc”, Guerino e Piero Valceschini “Barbì”, Umberto Valceschini “Signur”, Carlo Locatelli “Trepol” e Pietro Milesi “ Morecio”.
Ci fu lavoro per tutti quel giorno: per la cronaca il tronco di legno verticale che era un rovere, fu tagliato nel bosco della “Gianina di Signur”, vicino alla “Fontane del rane”, fu sollevato sul Corno con una corda, invece la parte orizzontale era un acero tagliato a poca distanza dalla cima.
Due del gruppo rimasero sul sagrato della chiesa per osservare il punto ben visibile di collocazione, altri salirono sulla montagna per simulare la posizione con un vistoso cespuglio, altri con la pala e piccone avevano il compito di scavare una buca. La parte orizzontale della croce fu lavorata con lo scalpello, forata con la “tenebla e fissàda co i chignӧi de ighén” (trapano a mano e fissato con tasselli di maggiociondolo). Quella croce in legno resistì per una decina d’anni.
Nel 1959 un gruppo di giovani di Brembilla guidati da don Giovanni Forlani, decisero che era venuto il tempo di posare una croce in ferro che resistesse nel tempo.
Chi oggi scrive, a quel tempo era ancora uno scolaro, ma ricorda che quell’iniziativa fu molto apprezzata in paese ed era sulla bocca di tutti, ragazzi, giovani e meno giovani.
I preparativi erano iniziati la primavera del 1959 nell’officina del Salvi Giuseppe e figli “ol Pino de l’oficina”. Da dove uscì l’intera intelaiatura in ferro. Tutto il materiale fu trasportato fino a Cavaglia dai muli del Piero Forcella “Biondo de Füstinù”, compresi due sacchi di cemento regalati da Giuseppe Manzoni da Seriate sulla sua lambretta.
I volenterosi giovani e alcuni alpini fecero la spola fino in coma nel trasporto di tutti i pezzi, viti e bulloni compresi. Il costo complessivo fu di 32.000 lire, che poteva paragonarsi a una busta paga dell’epoca.
Di questo gruppo di volontari facevano parte: Salvi Giuseppe (Pino), con i figli Gino e Andrea, Pesenti Pietro (Pirolòto), Scanabessi G.Battista, Locatelli Mario “Lescio”, Rinaldi Guido, Salvi Giovanni e Mario “i Candida del Riff”. La posa della croce fu ultimata il 19 agosto 1959, l’inaugurazione fu prevista per il giorno del 4 ottobre, ma fu rimandata all’anno successivo per il maltempo.
La croce fu poi tinteggiata e gli anni successivi gli furono applicate delle lastre di zinco per proteggerla e farla splendere al sole. Il materiale fu interamente regalato da un amico al nostro amico Scanabessi G.Battista, che ormai con il Monte Corno aveva un rapporto speciale.
Il nostro futuro alpinista, sempre con l’amico, l’8 dicembre del 1979 aprì la prima via della parete sud del Monte Corno.
La nostra montagna nel tempo continuò ad affascinare i brembillesi. Nel 1987 Paolo Gervasoni, brembillese e allievo del compianto Bruno Tassis detto “Camos”, iniziò a chiodare la sua prima via sulla parete ovest del Monte Corno. In più di 10 anni di impegno, Paolo Gervasoni, coadiuvato dal signor Sergio detto “Elton di Urgnano”, aprirà 15 vie dal 6° al 8B.
Nel 1988, l’amore e il fascino di questa montagna fece nascere spontaneamente un altro gruppo di brembillesi, “Gli amici del Monte Coren”. Del gruppo facevano parte: il presidente Gian Battista Rota, G.Battista Scanabessi, Giuseppe Salvi, Giovanni Sonzogni, Francesco Zambelli, Angelo e Gianni Carminati, Ruggero, Paolo, Ettore e Mario Fantini, Cristian e Mario Minelli e altri soci.
Questo gruppo nell’inverno del 1988 fece nascere il “Sentiero attrezzato della Madonnina”, sulla cui via c’è una grotta che ricorda un pò il nostro Scurolo, dove è stata posta una Madonnina in bronzo dorato. Il sentiero è stato attrezzato nei punti più impegnativi della parete e si sviluppa per 350 metri di catena d’acciaio. Sono stati posti anche pedalini in ferro per facilitare la salita nei punti dove l’arrampicata risulta più faticosa. Per dovere di cronaca l’attrezzatura fu donata dalla ditta DIEMME Sport di Bergamo.
Nel 2007 alcuni giovani appassionati di arrampicata sportiva, scoprono le vie chiodate di Paolo Gervasoni mai più usate da una decina di anni e ormai in preda alla ricrescita del bosco.
Nel tentativo di pulire e riqualificare la falesia e di valorizzare la montagna, si forma un nuovo gruppo “Le lucertole”, che, sotto i consigli e la direttiva della guida alpina Mauro Scanzi, riescono a ripulire e riqualificare la falesia, creando nuove vie ed arrivando a un totale di 45, con difficoltà dal 4B al 7C.